L’ordine di demolizione e il decorso del tempo

È corretto parlare di sussistenza di un interesse legittimo ad ottenere la sanatoria di un’opera edilizia realizzata abusivamente?

Nel corso degli anni il TAR e il Consiglio di Stato sono stati più volte chiamati a pronunciarsi sulla possibilità di ammettere la sanatoria di un’opera abusiva nell’ipotesi di notevole decorso di tempo dall’intervento edilizio, anche alla luce delle pronunce della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Al fine di fare chiarezza sul tema si esaminerà la recente evoluzione della giurisprudenza amministrativa, nonché la condotta della pubblica amministrazione atta a ingenerare nel cittadino un legittimo affidamento.

Si segnala da subito che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 9 del 2017, ha chiarito che il decorso del tempo non è in alcun modo idoneo a far perdere il potere dell’Amministrazione in ordine all’esecuzione di tale provvedimento.

Difatti, ove ciò si verificasse, si sarebbe in presenza di una sanatoria “extra ordinem”, non potendo la distanza temporale tra l’abuso e la sua repressione giustificare la formazione di un legittimo affidamento.

La giurisprudenza amministrativa ha, tuttavia, apportato numerose precisazioni al suddetto orientamento.
Si riportano di seguito tre significative pronunce del giudice amministrativo con le quali si sono fornite importanti precisazioni sul tema:

  • Il TAR Campania, Napoli, ha stabilito che “come di affidamento meritevole di tutela si possa parlare solo ove il privato, il quale abbia correttamente ed in senso compiuto reso nota la propria posizione all’Amministrazione, venga indotto da un provvedimento della stessa Amministrazione a ritenere come legittimo il suo operato non già nel caso, come quello di specie, in cui si commetta un illecito a tutta insaputa della stessa” (Tar Campania, Napoli, sentenza n. 5473 del 20.11.2017).
  • Il Consiglio di Stato, inoltre, ha così statuito: “La risalenza nel tempo dell’abuso contestato, l’affidamento ingeneratosi in conseguenza del rilascio del titolo edilizio del locale (tecnico-deposito poi utilizzato come) garage, integrano, complessivamente considerati, altrettanti parametri oggettivi di riferimento da valutare, decorsi oltre quaranta anni dalla realizzazione dell’abuso, prima d’adottare la misura ripristinatoria ovvero da dover indurre il Comune a fornire adeguata motivazione sull’interesse pubblico attuale al ripristino dello stato dei luoghi” (Consiglio di Stato, sentenza n. 3372 del 4 giugno 2018).
  • E ancora, il Supremo Consesso di Giustizia Amministrativa ha previsto che “il provvedimento con il quale un Comune ha ordinato la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, in relazione a un abuso edilizio (accertato 54 anni dopo la realizzazione) nel caso in cui lo stesso si traduca in una modifica di lieve entità, con sostanziale assenza di un pregiudizio all’interesse pubblico urbanistico e, pertanto, in mancanza di “offensività” per l’interesse pubblico tutelato. Ciò che viene a mancare è proprio l’esistenza di un abuso rilevante, tale da giustificare l’irrogazione della sanzione edilizia” (Consiglio di Stato, con sentenza n. 2237 del 28.5.18 n. 2237).

La giurisprudenza ha quindi effettuato una significativa opera di interpretazione della normativa edilizia di cui al D.P.R. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia).

Difatti, non può non tenersi conto del generale principio di legittimo affidamento ingenerato dall’amministrazione nel privato – diretta derivazione dei principi di correttezza, buona fede e buon andamento che trova fondamento negli articoli 2 e 97 della Costituzione.
Il Giudice amministrativo, applicando il sopra richiamato principio, ha quindi fornito precise indicazioni affinché il provvedimento demolitorio sia ritenuto legittimo.

Con recente pronuncia il TAR Reggio Calabria ha stabilito che il Comune, prima di ordinare la demolizione di un immobile realizzato a distanza di anni, deve tener conto del decorso del tempo e motivare adeguatamente la propria decisione, anche in ordine all’interesse pubblico derivante dell’esecuzione del provvedimento, tanto più ove si è in presenza di opere edilizie minori (cfr. TAR Reggio Calabria, sentenza n. 513/2019).

L’ordine di demolizione e il decorso del tempo: In conclusione

In conclusione, la Pubblica Amministrazione, prima di adottare il provvedimento demolitorio, è tenuta a:

  • effettuare attività di controllo in merito alla regolarità edilizia del manufatto (mediante sopralluoghi, espletamento di perizie e/o consulenza tecnica d’ufficio);
  • accertare la conformità dell’opera agli strumenti urbanistici in vigore (ad esempio, Piano Regolatore Generale Comunale, Piano Particolareggiato, Piano Paesaggistico etc.);
  • valutare il grado dell’intervento edilizio realizzato;

Infine, motivare adeguatamente il provvedimento, effettuando un bilanciamento di interessi tra l’interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi e l’interesse del privato alla conservazione dell’opera;

Si rileva da ultimo che anche la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, intervenendo sulla compatibilità dell’ordine di demolizione con la CEDU, non ha mancato di sottolineare che il giudice nazionale deve sempre verificare se l’Amministrazione abbia esercitato i propri poteri valutando “caso per caso” se l’esecuzione dell’ordine possa incidere, in violazione del principio di proporzionalità, sul diritto all’abitazione, richiedendo in tal caso un obbligo particolare di motivazione (cfr. Corte Eur. Dir. Uomo, 21 aprile 2016, ric.n. 46577/15).

Pertanto, rispondendo alla domanda posta in apertura, vi è un interesse legittimo del privato affinché la pubblica amministrazione valuti correttamente il caso sottoposto ad esame, tenendo conto sia dell’opera edilizia, sia del decorso del tempo dalla realizzazione della stessa.

Roma, 20/01/2020

Avvocato Valerio Impellizzeri

Studio Legale IMI
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Tel. 06.89024170

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